3. LA DISTRIBUZIONE BINOMIALE NEGATIVA
3.1 Introduzione
La distribuzione Binomiale Negativa venne inizialmente applicata allo studio della produzione multipla per descrivere i dati sperimentali relativi alle MD di particelle cariche nell’intero spazio delle fasi in urti adrone-adrone, mentre, più tardi, numerosi autori la studiarono dal punto di vista statistico, finché l’analisi delle distribuzioni di molteplicità in intervalli simmetrici di rapidità in urti adronici alle energie del estese ulteriormente la validità sperimentale della distribuzione Binomiale Negativa.

La NB, quindi, fu applicata diffusamente in molti tipi di reazioni, e si trovò che riusciva a riprodurre le MD sperimentali sia nell’intero spazio delle fasi che in intervalli simmetrici di rapidità in tutte le classi di urti di alta energia con produzione di molti adroni, dagli urti di annichilazione fino agli urti adrone-adrone.

I risultati sperimentali, inoltre, hanno suggerito che la parametrizzazione dei dati nei termini dei parametri dell’analisi a clan abbia significato fisico.

Il concetto di clan è stato definito da un punto di vista puramente statistico per la classe delle Distribuzioni di Poisson Composte a cui la NB appartiene, ed associato ad un processo di produzione fattorizzato in due passi successivi.

L’analisi a clan delle NB ottenute dai fit dei dati sperimentali ha evidenziato importanti regolarità:

  1. il numero medio di clan,, in una data reazione a fissata energia nel centro di massa cresce linearmente con l’ampiezza dell’intervallo di rapidità , per piccoli intervalli di rapidità;

  2. il numero medio di clan diventa approssimativamente costante per intervalli di rapidità vicini all’intero spazio delle fasi;

  3. il numero medio di clan in un intervallo fissato di rapidità nella regione di linearità è approssimativamente indipendente dall’energia nel centro di massa a disposizione;

  4. il numero medio di clan nell’intero spazio delle fasi, , cresce con l’energia nel centro di massa;

  5. il numero medio di particelle in un clan medio, , in una data reazione a fissata energia nel centro di massa, cresce con l’ampiezza dell’intervallo di rapidità considerato, raggiunge un valore massimo e quindi decresce per intervalli prossimi all’intero spazio delle fasi;

  6. il numero medio di particelle per clan medio, , in un fissato intervallo di rapidità, cresce con l’energia nel centro di massa;

  7. il numero medio di clan è maggiore negli urti che in urti adrone-adrone, mentre in questi ultimi il numero medio di particelle per clan medio, , è maggiore che in urti .

In urti di annichilazione la regolarità NB è stata verificata con precisione crescente passando dall’evento completo fino al livello del singolo jet, ed associata alla struttura a cascata della QCD a livello partonico: in questo contesto i clan possono essere interpretati come sorgenti gluoniche emesse indipendentemente dai quark iniziali di alta virtualità.

L’universalità della regolarità NB nelle diverse reazioni, dunque, può essere spiegata come il segnale di un meccanismo unificato di produzione di molti adroni basato sulla formazione di cascate partoniche, sia in urti di annichilazione che in quelli adrone-adrone.

La collaborazione UA5, la quale ha operato al Collider protone-antiprotone del Cern ad un’energia nel centro di massa pariù a = 200, 546 e 900 GeV, ha notato come, in limitati intervalli di pseudorapidità, le distribuzioni di molteplicità fossero descritte molto bene da una distribuzione Binomiale Negativa. Quest’ultima si discostava progressivamente da una Poisson al diminuire dell’intervallo considerato: risultava, dunque, che la correlazione tra particelle cariche diventava più forte via via che gli intervalli di pseudorapidità si facevano più piccoli.

Il parametro, che insieme alla molteplicità media caratterizza la NB, descrive la forma della distribuzione ed è risultato che la sua dipendenza dalla larghezza dell’intervallo fosse essenzialmente lineare: questo dato può, quindi, supportare un’interpretazione dei valori interi del parametro come numero di celle indipendenti nello spazio delle fasi.

Vi sono però delle difficoltà con questa interpretazione: innanzitutto il best fit di rispetto alla pseudorapidità h richiede una deviazione di dai valori interi. Un’ulteriore difficoltà consiste nella dipendenza di dall’energia: se il parametro viene interpretato come numero di celle nello spazio delle fasi, ci si aspetta che esso cresca con l’energia, mentre invece decresce.

Si è visto, comunque, come la NB fornisca una buona descrizione dei dati sperimentali per le distribuzioni di molteplicità, sia nell’intero spazio delle fasi che in intervalli simmetrici di rapidità a diverse energie nel centro di massa fino a = 546 GeV; tuttavia, ad energie più elevate, sono visibili delle deviazioni dalle predizioni della NB: infatti è possibile individuare una struttura, detta a spalla, nella MD sperimentale relativa all’intero spazio delle fasi in urti all’energia di = 900 GeV.

Lo stesso effetto appare anche in intervalli simmetrici di rapidità se si aumenta l’energia nel centro di massa fino a = 1800 GeV. Inoltre la struttura a spalla è visibile anche in urti di annichilazione al LEP, sia nell’intero spazio delle fasi che in intervalli simmetrici di rapidità.

Per quanto riguarda urti adrone-adrone, una spiegazione per questo fenomeno deriva dalla presenza di minijets, ossia gruppi di particelle aventi energia trasversa compresa nell’intervallo 2 ¸ 5 GeV. Infatti, la struttura a spalla osservata dalla Collaborazione UA5 può essere descritta con buona approssimazione dalla sovrapposizione pesata di distribuzioni di molteplicità di eventi soft, cioè eventi senza minijets, e di eventi semihard, eventi con minijets. Ciascuna delle componenti risulta essere una distribuzione Binomiale Negativa; il peso è dato dalla frazione di eventi soft.

Questo fatto risulta di particolare importanza, in quanto da queste ultime considerazioni risulta evidente come le regolarità che si presentano nella produzione multiadronica coinvolgano la distribuzione Binomiale Negativa in maniera più profonda di quanto ritenuto inizialmente: in particolare vanno studiate a livello di sottostrutture.

3.2 Proprietà della distribuzione NB
Tra le Distribuzioni di Poisson Composte, particolare interesse dal punto di vista fenomenologico è rivestito dalla Distribuzione Binomiale Negativa (NB): studiamone le proprietà statistiche, senza, per il momento, considerare la dipendenza dei suoi parametri dall’energia del centro di massa e dall’intervallo di rapidità.

La NB è una distribuzione definita dalla relazione





con



Essa è quindi descritta in funzione di due parametri, il numero medio di particelle, , ed il parametro k, legato alla dispersione dalla relazione



La funzione generatrice della NB sarà dunque:



Vediamo alcune sue caratteristiche:

  1. la NB appartiene alla classe delle CPD, e corrisponde ad una distribuzione logaritmica per le particelle prodotte in un clan medio, e cioè può essere ottenuta componendo una MD di Poisson ed una logaritmica:

    La validità di tale espressione può essere facilmente provata:

    ;

    , con numero medio di "clan"





    Segue:



    c.v.d.



  2. La NB può essere definita in modo alternativo come la MD che soddisfa la seguente relazione di ricorrenza:

    , con n = 0,1, . . . e a,b costanti positive ( b< 1)

    Infatti si ha:



    Þ , < 1

    c.v.d.

  3. La NB è una distribuzione molto flessibile, infatti variando i suoi parametri si possono ottenere altre MD.





Vediamo degli esempi:

  • b ® 0 Þ , con

In quanto b ® 0 Û k ® ¥:

;

;



Verifichiamo:

, c.v.d.



Il limite corrisponde, dunque, ad una produzione completamente coerente (distribuzione Poissoniana).

  • Þ , con ,

, c.v.d.



Altre distribuzioni possono essere ricavate in tal modo a partire dalla NB: per si trova una MD geometrica (Bose-Einstein), mentre per > > la NB diventa una distribuzione Gamma,

,

dove .

3.3 Calcolo delle variabili collettive nella NB
Andiamo ora a ricavare esplicitamente le espressioni delle variabili collettive in forma integrale per quanto riguarda la Distribuzione Binomiale Negativa e le distribuzioni ad essa collegate.



Distribuzione Binomiale Negativa

















;

;

;







Þ

Þ



Þ







Ricaviamo ora le espressioni per i combinanti, sfruttando la proprietà .

Þ

Infatti:



Þ



Þ









Andiamo ora a verificare che i combinanti della NB soddisfano il Teorema 2 delle Distribuzioni di Poisson Composte:



in quanto , per <1.

Di conseguenza:

Þ , c.v.d.



Distribuzione di Poisson





Þ

Þ

Þ







; ; … Þ

I combinanti per la distribuzione di Poisson possono essere ricavati prendendo il limite per () dei combinanti della NB:



Infatti:

Þ Þ



Distribuzione logaritmica



, con

Þ

Þ







Per quanto riguarda i momenti fattoriali:

; ; …





Distribuzione Gamma



In questo caso le variabili collettive possono essere ricavate considerando > > k nelle espressioni delle variabili relative alla Binomiale Negativa.





3.4 Interpretazione di k come parametro di aggregazione nella struttura a clan
Torniamo a considerare la distribuzione NB, per la quale i cumulanti fattoriali normalizzati sono dati da



In particolare, per si ha:



cioè risulta essere proprio il cumulante fattoriale normalizzato di ordine due, e fornisce quindi una misura integrale diretta delle correlazioni a due particelle.

Esso ha il significato di parametro di aggregazione, in quanto è uguale al rapporto tra la probabilità che due particelle siano prodotte dallo stesso clan e la probabilità che esse vengano prodotte da due clan diversi:





Infatti date due particelle nello stato finale, il numero di clan compatibili con tale situazione è , a causa del vincolo dovuto al fatto che ogni clan deve produrre almeno una particella: in generale, quindi, , dove è la molteplicità delle particelle finali.

Si presentano perciò i seguenti due casi:


dove ogni ellisse rappresenta un clan ed ogni freccia una particella prodotta.

Tenendo presente che la MD dei clan è di tipo poissoniano, mentre quella per le particelle da loro prodotte è di tipo logaritmico, si ha:

,

avendo sfruttato il teorema della moltiplicazione per eventi indipendenti (produzione dei clan), , dato che il processo di decadimento nelle particelle finali da parte dei clan è indipendente dal numero di questi ultimi.

In definitiva si ottiene:



poiché .

In virtù del fatto che per si ha , i due casi appena considerati dovranno esaurire tutte le possibilità concernenti la produzione NB di due particelle, cioè



Infatti:

, c.v.d.



Passiamo al caso in cui si abbiano tre particelle: il problema che si pone consiste, in generale, nel disporre n oggetti (particelle) in N gruppi (clan), con la richiesta che ogni gruppo possegga almeno un oggetto (caso limite in cui una particella è essa stessa un clan).

Con tale vincolo occorre, quindi, distribuire particelle tra N clan e dunque il numero di configurazioni diverse che si possono presentare sarà dato da



In seguito a queste considerazioni avremo:

configurazione possibile: ciascuno dei tre clan produce una particella (totale scorrelazione).



configurazioni possibili: un clan produce tre particelle mentre l’altro una, e viceversa.

+

configurazione possibile: un clan produce tre particelle (totale correlazione).





Da cui segue

,



Verifichiamo:



, c.v.d.



Il caso di quattro particelle è interessante, in quanto mette in evidenza come devono essere considerate nel calcolo configurazioni diverse.

configurazione possibile: ciascuno dei quattro clan produce una particella.





configurazioni possibili: un clan produce due particelle mentre ciascuno degli altri due ne produce una, più permutazioni.



possibili configurazioni, di cui due distinte: nella prima un clan produce tre particelle mentre l’altro una e viceversa, nella seconda entrambi i clan producono due particelle.







Sfruttando il teorema per eventi mutuamente esclusivi, , segue



possibile configurazione: in clan produce quattro particelle.





In definitiva si ha:







Verifichiamo:





Da questi esempi si nota che nel calcolare le probabilità relative alle possibili configurazioni che si possono presentare a fissata molteplicità n, particelle appartenenti allo stesso clan devono essere considerate indistinguibili, così come clan aventi lo stesso numero di particelle.

Questo studio permette, inoltre, di notare la seguente proprietà per quanto riguarda i cumulanti fattoriali normalizzati della distribuzione Binomiale Negativa:



e cioè questa variabile collettiva dipende, ad ogni ordine, unicamente dal rapporto tra le probabilità dei due casi estremi che si possono presentare nella produzione di n particelle, ossia

  1. : completa correlazione tra le particelle, dato che le correlazioni si esauriscono tra particelle prodotte dallo stesso clan;

  2. : completa scorrelazione tra le particelle, poiché ogni particella, in questo caso, è essa stessa un clan e questi ultimi sono prodotti in accordo con una MD di Poisson (eventi indipendenti).

Sfruttando, dunque, la produzione poissoniana dei clan, segue



dove è la distribuzione di molteplicità all’interno di un clan.

Ricordando una proprietà delle CPD, e precisamente che i combinanti della MD di particelle finali corrispondono, a meno della normalizzazione, alla MD di particelle di un clan, otteniamo





e cioè il rapporto testa-coda della distribuzione Binomiale negativa risulta essere, ad ogni ordine, proporzionale alla rispettiva probabilità di totale scorrelazione tra le particelle finali, dove la costante di proporzionalità è l’inverso della probabilità di vuoto.



Un’ulteriore proprietà può essere messa in evidenza esplicitando l’espressione di :



con , e quindi



Considerando a questo punto la serie avente come termine generale la probabilità di totale scorrelazione tra particelle finali, si ha



ed essendo , si ricava in definitiva

.

Si ottiene, dunque, che è una serie a termini strettamente positivi (il termine generale è una probabilità) convergente, la cui somma dipende dalla probabilità dei vuoti e dal parametro a.

Sempre in questo contesto, una proprietà analoga vale anche per i momenti fattoriali normalizzati, , dove però in questo caso viene coinvolta la distribuzione di molteplicità delle particelle finali:





4. LA FUNZIONE GENERATRICE

NEL PIANO COMPLESSO
4.1 Introduzione
Il formalismo della statistica e della teoria della probabilità si è dimostrato utile nell’analisi della produzione multiadronica alle alte energie. Di particolare importanza è risultata la funzione generatrice di distribuzioni di molteplicità,



dove , come visto, rappresenta la probabilità di osservare n particelle cariche in una qualche regione dello spazio delle fasi.

Nel caso di collisioni adroniche, però, la sommatoria infinita risulterà sempre troncata ad un polinomio a coefficienti positivi nella variabile z:



dove N rappresenta il massimo valore possibile di molteplicità in un esperimento.

Negli anni ‘70 venne messo in evidenza il fatto che G(z) è formalmente analoga alla funzione di grande partizione della meccanica statistica, con z che gioca il ruolo della fugacità: questo suggerisce che le proprietà di G(z) e nel piano complesso possano riflettere le proprietà statistiche della produzione multiadronica.

Inoltre, una delle idee più produttive nel contesto della somiglianza formale tra la produzione multiadronica e la meccanica statistica consiste nell’analogia con un fluido proposta da Feynman: essa tratta lo spazio tridimensionale, definito per mezzo della rapidità e dalle due componenti del momento trasverso, come il "volume di un fluido" quasi uniformemente popolato dalle particelle prodotte nella collisione.

Tale analogia mantiene la sua validità nell’era moderna della QCD, se si considera un singolo jet come un fluido di Feynman i cui prodotti della frammentazione sono confinati entro un volume limitato in (cilindro) attorno all’asse del jet: in questa descrizione, dunque, eventi a molti jet risultano sovrapposizioni di liquidi di Feynman racchiusi in uno spazio delle fasi la cui forma in y (rapidità) e può essere descritta da una gerarchia di tipo frattale di triangoli ripiegati. Ad esempio, considerando il caso in cui si abbia, in seguito ad annichilazione , uno stato iniziale (in singoletto di colore), quest’ultimo alle alte energie emetterà gluoni per effetto bremsstrahlung , i quali a loro volta potranno dare luogo a nuove emissioni, con conseguente incremento dello spazio delle fasi. Infatti, mentre la regione di rapidità disponibile per la prima emissione di gluoni è , i due nuovi dipoli indipendenti possono essere emessi all’interno della regione .

Quanto ora descritto si può rappresentare graficamente per mezzo di uno spazio delle fasi triangolare, di base pari a e con ciascun gluone emesso rappresentato a sua volta da triangoli aventi base uguale a ed altezza : dopo molte emissioni, come si può vedere nella figura seguente, si ottiene una figura complessa, in cui la lunghezza della base risulta irregolare e col comportamento di un multifrattale.



Si vede, quindi, come ogni nuova generazione di partoni emessi incrementi lo spazio delle fasi disponibile per le emissioni successive; la vista dall’alto del fenomeno mostra in maniera chiara la cascata partonica appena descritta, in cui ciascun gluone è rappresentato, per convenzione, ortogonalmente a quello che l’ha generato, e da una doppia linea a ricordare la carica di colore che esso trasporta:



4.2 Rilevanza dello studio degli zeri della funzione generatrice nel piano complesso
La struttura di un polinomio, come noto, è interamente descritta dalla distribuzione dei suoi zeri, , e quindi occorre innanzitutto concentrare l’attenzione sulla loro collocazione nel piano complesso.

Per quanto riguarda , nessun potrà, ovviamente, situarsi sull’asse reale positivo, essendo tutti i coefficienti del polinomio strettamente positivi, ma apparentemente non esiste nessun’altra restrizione sulla loro distribuzione, tranne il fatto che debbano comparire in coppie complesse coniugate e con la stessa molteplicità.

Infatti sia



segue allora (* indica l’operazione di coniugazione complessa)



da cui, tenendo presente che la coniugata della somma di due numeri complessi è data da



e che i coefficienti sono reali, si ha



e quindi



Se poi fosse una radice doppia, si avrebbe , e quindi ragionando come sopra anche , cosicché pure sarebbe radice doppia; lo stesso dicasi per radici triple, quadruple,…

Dal teorema ora dimostrato, segue che le radici complesse dell’equazione sono sempre in numero pari, e perciò se l’equazione è di grado dispari deve avere almeno una radice reale.

Nel 1995 DeWolf ha trovato, tramite una simulazione MonteCarlo di produzione adronica in collisioni a 1000 GeV, che gli zeri di , per N sufficientemente grande, sono distribuiti su di un anello circolare di raggio approssimativamente unitario, centrato nell’origine del piano complesso e che risulta aperto in un piccolo settore bisecato dall’asse reale positivo: considerando l’analogia proposta tra le funzioni generatrici e di grande partizione, questo comportamento suggerisce un processo analogo ad una transizione di fase, come successivamente esaminato anche da T.C. Brooks, K.L. Kowalski e C.C. Taylor.

A questa conclusione si giunge grazie ai lavori di C.N. Yang e T.D. Lee, i quali hanno studiato il comportamento analitico della funzione di grande partizione, permettendo alla fugacità di assumere valori complessi: sebbene solo i valori reali di essa siano di interesse fisico, il comportamento analitico delle funzioni termodinamiche può essere mostrato solamente andando nel piano complesso, dove si è in grado di ottenere una descrizione delle regioni di transizione di fase.

La funzione di grande partizione, di un gas contenuto in un volume V a cui è possibile scambiare atomi con l’esterno ad una temperatura T, è data da



,

dove è la funzione di partizione dell’ensemble canonico, la fugacità, funzione della temperatura () e del potenziale chimico, ed N il numero massimo di atomi che possono essere contenuti entro V.

Poiché risulta essere un polinomio in z di grado finito N, è possibile fattorizzare la funzione di partizione grancanonica,



dove sono le radici dell’equazione algebrica

.

All’aumentare di V tali radici si muovono nel piano complesso, ed il loro numero cresce, essenzialmente, linearmente con V.

4.3 Il teorema di Lee e Yang
Uno dei teoremi che Lee e Yang hanno dimostrato nel loro lavoro del 1952, è particolarmente interessante nel contesto che stiamo trattando: esso afferma che, se nel piano complesso z una regione R contenente un segmento dell’asse reale positivo è sempre libera da radici, allora in questa regione, per , le grandezze termodinamiche sono analitiche rispetto a z.

Prima di dimostrare il teorema, occorre innanzitutto fare ricorso al Lemma seguente: consideriamo la serie

,

dove

,

con e costanti positive.

Assumiamo che per tutti gli reali compresi tra e + esista . Esista, inoltre, e lo denotiamo con , . tende al limite per



tale che< .

Si ha allora che la serie è convergente per < .

Passiamo ora alla dimostrazione del teorema: consideriamo prima di tutto un cerchio C, giacente nella regione R, con il centro nel punto sull’asse reale positivo. Proveremo il teorema prima all’interno di tale cerchio.

Effettuando la sostituzione , possiamo esprimere la funzione di partizione grancanonica nella forma fattorizzata



dove sono le radici di .

Espandendo in potenze di si ottiene:



Quindi, usando una scrittura compatta



,

dove

, per

e



Se è il raggio di C, dato che quest’ultimo è libero da radici per ipotesi, si avrà .

Di conseguenza, dalla prima delle due espressioni dei coefficienti dello sviluppo in serie appena ricavate, si ha

, per .

Ma è finito, per cui possiamo usare il Lemma e il teorema è dimostrato in C, dato che



dove p e sono, rispettivamente, pressione e densità del sistema.

Tramite argomentazioni simili, è possibile estendere il teorema entro un cerchio , giacente in R e con il centro in C: ripetendo questo processo si dimostra facilmente il teorema nell’intera regione R.

Risulta chiaro, quindi, che il problema delle transizioni di fase è strettamente legato alla forma delle regioni R.

Vediamo due esempi:



  1. le radici di non vanno a chiudersi sopra l’asse reale positivo di z per , o più precisamente, esiste una regione R contenente l’intero l’asse reale positivo completamente libero da radici. In questo caso si conclude che pressione e densità del sistema sono funzioni analitiche di z (lungo l’asse reale), ed il sistema considerato presenta, di conseguenza, una singola fase, come si può vedere nel diagramma P-v (pressione-volume specifico) qui di seguito.







    Comportamento analitico ad una data temperatura delle funzioni termodinamiche per un sistema a fase singola



  2. le radici di si chiudono sull’asse reale positivo, per , ad esempio nei punti , e le regioni , ed

    , prive di radici, circondano rispettivamente tre segmenti dell’asse reale positivo.

    Per le stesse ragioni del caso precedente, in ognuno di questi segmenti, all’interno dei quali il sistema esiste in un’unica fase, pressione e densità risultano funzioni analitiche crescenti di z.

    Nei punti , invece, la pressione è sì continua, ma la sua derivata parziale rispetto a , proporzionale alla densità, ha in generale una discontinuità.

    Al variare della temperatura, i punti e si muovono lungo l’asse reale: se ad un certo valore le radici smettono di chiudersi sopra uno dei punti, ad esempio , allora è la temperatura critica corrispondente alla transizione fase 1fase 2. Se, invece, ad un particolare valore i punti e confluiscono, a quella temperatura si avrà un cosiddetto punto triplo.

    Occorre ricordare che a la densità può essere in alcuni casi continua, sebbene la sua derivata sia in generale discontinua: se questo accade entro un intervallo esteso di temperatura, la transizione di fase sarà di ordine superiore al primo.

    Risulta ovvio, quindi, che le transizioni di fase del sistema avvengono solo in corrispondenza dei punti sull’asse reale positivo di z sui quali vanno a chiudersi le radici dell’equazione algebrica nel limite di , mentre per gli altri valori della fugacità z il sistema presenta una singola fase.





    Comportamento analitico ad una data temperatura delle funzioni termodinamiche per un sistema che subisce due transizioni di fase





    I tratti orizzontali rappresentano regioni di equilibrio a due fasi.



Tornando a considerare la funzione generatrice , dato che N risulta essere sempre finito in ogni esperimento reale, è possibile fattorizzarla e scrivere



con radici dell’equazione

.

Come detto in precedenza, gli zeri possono situarsi dappertutto nel piano complesso, tranne che nella parte dell’asse reale corrispondente a > 0: all’aumentare di N, tali radici si muovono ed il loro numero cresce con , l’energia del centro di massa.

Evidentemente, la loro distribuzione nel piano complesso caratterizza completamente la distribuzione di molteplicità nel dominio dello spazio delle fasi, e nel limite fornisce il completo comportamento analitico delle funzioni termodinamiche.

Un’altra motivazione per studiare la distribuzione degli zeri nel piano complesso, è che essa può chiarire la struttura delle correlazioni tra particelle.

Infatti, effettuando il cambiamento di variabili , consideriamo la funzione generatrice dei cumulanti fattoriali:

.

I cumulanti fattoriali sono collegati agli zeri di in maniera abbastanza semplice, infatti prendendo la derivata q-esima del otteniamo



che ad



con .

Ad esempio





Risulta interessante notare che i cumulanti fattoriali sono uguali, a parte il fattore , all’inverso del momento di ordine q-esimo della radice di , se si interpreta la densità degli zeri nel piano complesso come una densità di probabilità.

Nel caso in cui, per N sufficientemente grande, gli zeri si raggruppano su di una curva C nel piano complesso, allora la funzione può essere scritta come



dove è il numero di zeri in un elemento di linea di C.

Da queste formule risulta chiaro che la grandezza dei cumulanti fattoriali, e quindi la forza delle correlazioni, è determinata dalle radici più vicine all’origine () o, in maniera del tutto equivalente, dalle singolarità di .

4.4 Punti critici di una serie di potenze. Connessione tra gli zeri di

e di una sua somma parziale: il teorema di Hurwitz
Definiamo la funzione generatrice di molteplicità come

,

cioè, come detto, una serie di potenze a coefficienti non negativi.

Dal momento che la serie dei suoi coefficienti converge,, segue, dal teorema di Abel, che converge uniformemente per ed è una funzione analitica regolare nel disco , dove è il raggio del cerchio di convergenza della serie che la rappresenta:

(Cauchy-Hadamard)

Il raggio di convergenza è anche dato da



se per n sufficientemente grande; se allora la funzioneè detta intera (un esempio ne è la distribuzione di Poisson).

Dal teorema di Cauchy-Taylor, sappiamo che il cerchio di convergenza della serie di potenze che stiamo considerando passa attraverso la singolarità (o le singolarità) di più vicina all’origine: consideriamo, dunque, il comportamento di tali punti critici, e cioè dove essi si collochino sulla circonferenza di convergenza.

Cominciamo innanzitutto dalla seguente definizione: l’insieme costituito da un elemento analitico e da tutti i suoi prolungamenti viene chiamato "funzione analitica".



Sia un elemento analitico di centro e sia una linea che unisce con un punto z. Può accadere che sia possibile effettuare il prolungamento analitico di lungo fino ad un qualsiasi punto < z ma non fino a z, e cioè che si possa costruire lungo una successione di elementi analitici contigui, a partire da , in modo tale che l’ultimo di essi contenga nel suo interno , (qualunque sia su purché diverso da z) mentre sia impossibile fare in modo che l’ultimo elemento analitico contenga nel suo interno il punto z.

In questo caso si dice che z è un "punto critico" per la funzione analitica f generata da . Si noti che può accadere che esista una linea , diversa da , che unisce e z lungo la quale sia possibile effettuare il prolungamento analitico di fino a z incluso. In tal caso si usa dire che z è critico lungo e non lungo ; comunque esso viene sempre chiamato punto critico per f.



Teorema:

sulla circonferenza di convergenza di un elemento analitico esiste almeno un punto critico della funzione analitica da esso generata.



Dimostrazione:

supponiamo che per l’elemento analitico di centro e raggio r la cosa non sia vera. Allora per ogni punto z della circonferenza : esiste il prolungamento analitico di lungo il raggio fino a incluso. Gli elementi analitici finali di questi prolungamenti costituiscono una copertura aperta di ; è allora possibile sceglierne un numero finito che formi ancora una copertura di . Possiamo pensarli ordinati in modo che abbiano le rispettive circonferenze di convergenza secanti. Sia il loro punto comune esterno a e poniamo : è necessariamente > r.

Per ogni i ed hanno una parte interna comune, in essa i valori assegnati dai tre elementi analitici coincidono, perché sono contigui a . Ma allora sono contigui tra loro per ogni i = 1, …, n e la successione , definisce nel cerchio A: < una funzione f che, per il teorema di monodromia, è olomorfa in A. Lo sviluppo di Taylor di f nel punto deve quindi avere raggio di convergenza almeno uguale a , assurdo perché tale sviluppo coincide con .



Osservazioni:

  1. Dalla dimostrazione risulta evidente che il punto critico per la funzione analitica f generata dall’elemento analitico di cui abbiamo provato l’esistenza sulla circonferenza di convergenza di , è sicuramente critico anche lungo il raggio che unisce il centro di con questo punto.

  2. Il fatto che un punto della circonferenza sia critico per una serie di potenze è del tutto indipendente dalla convergenza o meno della serie in quel punto.



Esistono diversi teoremi che consentono, in casi particolari, di individuare punti della circonferenza di convergenza che sono sicuramente critici per una serie di potenze, il più noto dei quali è quello di Vivanti - Pringheim, che risulta particolarmente interessante nell’ambito delle funzioni generatrici di molteplicità e cioè dello studio che stiamo affrontando.



Teorema (di Vivanti – Pringheim)

La serie



abbia raggio di convergenza r e sia per ogni n. Allora il punto z = r è critico per la funzione analitica generata da f.



Dimostrazione:

se z = r non è critico, esiste almeno un elemento analitico g contiguo ad f , avente centro in un punto a, 0 < a < r e contenente nel suo interno il punto r.

Deve essere



Sia w un qualsiasi punto della circonferenza = a.

Allora





Ma allora la serie



ha raggio di convergenza almeno uguale a quello di g.

Quindi nessun punto della circonferenza = r è critico per la funzione analitica generata da f, e questo è assurdo per il teorema precedente.

Un esempio è portato proprio dalla distribuzione Binomiale Negativa, la cui funzione generatrice





è singolare in corrispondenza di .

Studiamo adesso la connessione esistente tra gli zeri di e quelli della somma parziale del suo sviluppo in serie,.

Se è analitica in un certo dominio del piano complesso, i suoi zeri sono dei punti isolati, e cioè se è analitica in una regione includente il punto , esiste una circonferenza ¢ (0< ¢< ) all’interno del quale non possiede zeri, eccetto forse stesso.

Gli zeri della sequenza (N = 0,1,…) e di sono in relazione grazie al



Teorema di Hurwitz

Consideriamo una sequenza di funzioni , uniforme e regolare in una regione R. Diciamo che un punto c appartiene al set Z se c è zero di una delle funzioni , e denotiamo con il set di punti limite di Z.

Se tutte le funzioni sono analitiche nella regione R e se uniformemente in R, il set di zeri di in R coincide con i punti di in R.

(Hurwitz,1889)

Dimostrazione:

dato che gli zeri di funzioni analitiche sono isolati, per ogni punto c in R esiste un cerchio < in cui , eccetto forse in c.

Per ogni valore positivo d < , dunque, l’integrale



è uguale al grado dello zero in c, e cioè un intero .

Inoltre, poiché, su , ed tendono uniformemente ad ed rispettivamente, abbiamo

uniformemente su .

Di conseguenza

,

ed in tal modo, da un certo n = N, il termine di sinistra coincide con l’intero .

Il termine di destra, però, è uguale al numero di zeri di presenti all’interno di , perciò, se , , per n sufficientemente grande, non avrà radici in .

Se invece > 0, allora tutte le funzioni , sempre per n sufficientemente grande, presenteranno esattamente k radici (ciascuna contata con la rispettiva molteplicità) in , cosicché il teorema è dimostrato, dato che d è arbitrariamente piccolo.

Quindi si ha che se tutte le funzioni sono uniformi e regolari nella regione R e se uniformemente in R, allora è uno zero di se è un punto limite del set di zeri della funzione .

4.5 Teoremi sulle somme parziali di una serie di potenze
Passiamo ora ad illustrare tre teoremi che mostrano quale sia la relazione, nel piano complesso, che intercorre tra la distribuzione degli zeri di una somma parziale di una serie di potenze ed il cerchio di convergenza di quest’ultima, ed un quarto che permette di spiegare una regolarità che si presenta nella collocazione dei suddetti quando i coefficienti dello sviluppo sono tutti positivi, come accade nel caso della funzione generatrice.



Consideriamo una serie di Taylor



convergente in< r, e poniamo



(somma parziale o sezione).

Jentzsch scoprì un importante fatto riguardo alla concentrazione degli zeri delle sezioni lungo la circonferenza , con r raggio di convergenza:



Teorema 1

Ci sono infinite sezioni aventi almeno uno zero nel cerchio < e per ogni e ed attorno ad ogni punto , regolare o no, del cerchio di convergenza

(Jentzsch, 1917)

Dimostrazione:

cominciamo con qualche nota generale sulla radice n-esima di . Dividendo, se necessario, per una conveniente potenza di z possiamo supporre che Denotiamo gli zeri di = 0 con Se il grado di è k < n, l’infinito è contato come uno zero semplice o multiplo.

Dunque



cioè



Poiché l’origine non è uno zero della funzione limite e, per ogni n, tutti gli zeri delle sezioni si trovano ad una distanza finita dall’origine (dal teorema di Hurwitz), cioè

> 0,

e dunque



Segue che, se z è limitato in una regione finita R in cui < d, allora

(*1)     in R.



Pertanto la sequenza di funzioni , qualunque sia la diramazione che scegliamo come radice n-esima, è collettivamente limitata in ogni regione finita.

Se la regione R giace interamente nel cerchio di convergenza, la sezione tende uniformemente alla sua funzione limite .

Ponendo



e quindi



con , vediamo che in ogni punto di R, purché non tenda a zero in R, cioè, purché non abbia uno zero in R. Inoltre c’è un dominio D contenente R in cui tutte le condizioni del teorema di Vitali sono soddisfatte, per le diramazioni scelte della radice n-esima il limite è uniforme in R e dunque in qualche D.

Concludiamo, quindi, che

(*2)    



uniformemente in R.

Consideriamo, ora, un punto z esterno al cerchio di convergenza.

Mostreremo che

(*3)     se > r.



Supponiamo che

.

Allora, per ogni dato , esiste un tale che, per ,

e

quindi

.

Poniamo, ora, z = r + e e prendiamo .

Perciò



dividendo ambo i membri di tale disuguaglianza per , troviamo



Da tale disuguaglianza segue



e quindi



da cui

.

L’ultima contraddizione dimostra la (*3).

Supponiamo ora che il teorema non sia vero, cioè che esista un punto sul cerchio di convergenza tale che, per un n sufficientemente grande, le funzioni non abbiano uno zero in Segue, dal teorema di Hurwitz, che la funzione limite è diversa da zero in ogni regione che giace dentro questo cerchio come pure dentro .

D’altro canto, la (*2) si applica ad e dunque, come le funzioni (con le diramazioni specificate) sono uniformi e collettivamente limitate in , la convergenza uniforme in si estende, dal teorema di Vitali, ad ogni regione R dentro questo cerchio. La funzione limite così definita è coincidente con 1 in tutto R, per ciò è 1 in . Tuttavia, il cerchio contiene punti esterni a e, per questi, il nostro risultato contraddice la (*3), dunque il teorema è dimostrato.

Da quest’ultimo teorema e da quello di Hurwitz segue che il cerchio contiene solo un numero finito di punti di , e che ogni punto della circonferenza è contenuto in e così anche in .

A tal proposito, denotiamo con il numero di zeri di in e proviamo il seguente



Teorema 2

Esistono infinite aventi più di dei loro n zeri in dove d ed e sono arbitrariamente piccoli, cioè

(*4)

per ogni e fissato (Jentzsch, 1917).



Dimostrazione:

abbia solo un numero finito di zeri in , siano tali che . Poiché, in , converge uniformemente a , vediamo, come nella dimostrazione del teorema di Hurwitz, che esiste un tale che, per

n tra gli zeri di differiscono per meno di d da rispettivamente e, per i rimanenti zeri,

Quindi





Dunque, prendendo abbiamo



il cui reciproco è dato da



da cui discende che





Dal momento che, per ogni fissato, n è finito, abbiamo



.



Ponendo + d = (arbitrariamente piccolo), si ha

.

Dunque, se , segue

.

Ora, poiché il membro di sinistra è indipendente da ,





cioè



che è assurdo a meno che a = 1.

Infine, mostriamo il teorema che forse interessa più da vicino la funzione generatrice della distribuzione Binomiale Negativa, e che spiega, in parte, la disposizione degli zeri delle somme parziali ad essa legate.



Teorema 3

Se l’unica singolarità di su è un polo semplice, tutti gli zeri delle somme parziali, da un certo n in poi, giacciono all’interno del cerchio , dove è arbitrario.

(Jentzsch,1917)





Dimostrazione:

Poniamo , cosicché



dove è il polo in questione, e quindi .

Sia, inoltre, < , con regolare in < : avremo, allora, per .

D’altra parte, per ,







ed in tal modo, da un certo n in poi, < , e quindi

< , per .

Perciò per il teorema di Rouché, secondo il quale date due funzioni f e g in A con g curva chiusa semplice, omotopica ad un punto in A, se < per tutti gli z su g , allora f ed hanno lo stesso numero di zeri entro g , ha, in< , lo stesso numero di zeri di, ma possiede n zeri quindi, da un certo n in poi, per < .

Questi teoremi provano che gli zeri delle somme parziali condensano lungo il cerchio di convergenza della serie di potenze di , per N sufficientemente grande: questo spiega alcune regolarità che si presentano nelle mappe raffiguranti la distribuzione degli zeri di nel piano complesso, ed in particolare, come si vedrà in seguito, per quanto riguarda la funzione generatrice della distribuzione Binomiale Negativa, la quale, ricordiamo, presenta una singolarità di tipo polare in corrispondenza di

.

Come detto in precedenza, una di tali regolarità consiste nel fatto che gli zeri della funzione generatrice si dispongano a formare la configurazione di un anello circolare aperto, tale che . Per poter spiegare questo comportamento stabiliamo, in termini generali, la connessione tra la dipendenza da n di ed i limiti del dominio degli zeri . Usiamo il teorema di Eneström-Kakeya (EK) per delineare una regione anulare nel piano complesso z, centrata nell’origine, e contenente tutti gli zeri di .

Il restringimento di tale anello verso un cerchio di raggio unitario sarà ora collegato all’appiattimento della distribuzione di molteplicità all’aumentare dell’energia, appiattimento manifestato nella fenomenologia della produzione multipla.

Il polinomio ha, come detto, N radici e coefficienti reali positivi, cosicché se è una radice, anche la sua complessa coniugata lo è. Al fine di restringere ulteriormente la regione assumiamo che la troncatura N sia tale che

> 0 per n N

= 0 per n > N.

Il valore del cut-off N è soggetto all’incertezza nei dati o, se si è scelto di approssimare la distribuzione per mezzo di una distribuzione che sia definita per tutti gli n, nell’algoritmo di troncatura. Per il problema che stiamo trattando, la determinazione degli zeri e la loro evoluzione con l’incremento di , è sufficiente scegliere N abbastanza grande di modo che il comportamento totale degli zeri risulti insensibile a piccoli cambiamenti di N, ma piccolo abbastanza per accurati e ragionevolmente veloci calcoli numerici delle radici di .

In accordo con il teorema EK, date costanti reali positive che soddisfano



> 0,

si ha
< 1.

Per poter sfruttare questo teorema, consideriamo la funzione generatrice scalata,

.

Se scegliamo il parametro



le condizioni del teorema EK sono soddisfatte per le costanti

,

e quindi

< 1.

Questo implica che

< .

D’altra parte, riscriviamo come<



con

,





ed



Se ora scegliamo



le costanti che compaiono in soddisfano le condizioni del teorema EK, cosicché

< 1.

Quindi gli zeri di sono tali che , che a sua volta implica che gli zeri di compaiono solo nella regione anulare

=

centrata nell’origine del piano complesso z e definita da



escluso l’asse reale positivo.

Se la distribuzione si appiattisce, la regione anulare ha come limite, per N grande, il cerchio di raggio unitario, privato del punto z = 1, perché sia che , sotto questa condizione, tendono ad 1. Nell’intorno di z = 1 vi è sempre una considerevole fluttuazione in , dovuta soprattutto all’errore legato alla scelta della troncatura N ed alla tolleranza del programma di calcolo numerico usato.

In genere, usando coordinate polari, , la larghezza del cuneo attorno a = 0 dove , decresce con l’appiattirsi della distribuzione.

Concludendo, la convergenza degli zeri di verso la regione anulare risulta essere semplicemente una conseguenza della positività di per .

Tale comportamento, probabilmente, riflette qualche aspetto del meccanismo di produzione adronica; esso può costituire l’indizio di uno specifico fenomeno fisico, ad esempio un processo analogo ad una transizione di fase, sebbene in che modo non sia ancora stato chiarito. A tal proposito, uno studio più approfondito sull’argomento verrà affrontato nel prossimo capitolo, in cui si analizzerà per mezzo degli zeri della funzione generatrice un caso concreto di produzione multipla.





4.6 Molteplicità degli zeri e la distribuzione Binomiale Negativa
Andiamo ora a mostrare un teorema che permette di determinare se, nel piano complesso, una funzione generatrice troncata possieda o meno zeri tutti distinti, e di conseguenza se l’insieme di tali zeri rappresenti il numero massimo di particelle finali prodotte.

L’interesse sulla molteplicità degli zeri della funzione generatrice, è dettato dal fatto che, nel prossimo capitolo, verranno presentati i grafici della configurazione da essi assunta nel piano complesso, per distribuzioni diverse e ad energie crescenti, grazie alla funzione NSolve del programma Mathematica 4.1: lo studio teorico della molteplicità degli zeri, dunque, può fornire informazioni sulla sua affidabilità nel caso in cui il numero degli zeri calcolati sia inferiore al grado del polinomio risultante dalla troncatura della funzione generatrice.


Cominciamo col fornire alcuni richiami di algebra, utili ad introdurre il formalismo dell’argomento trattato.



Definizione: una struttura algebrica A(a, b) dove a , b sono operazioni interne in A, viene detta anello di sostegno A se valgono le seguenti proprietà:

  1. A(b) è un gruppo abeliano,

  2. a è associativa,

  3. a è distributiva rispetto a b.



Se a è anche commutativa, l’anello A(a ,b ) viene detto commutativo.

Se in A esiste elemento neutro rispetto a b, l’anello A(a ,b ) dicesi unitario.

Sia A(a ,b) un anello. Si verifica facilmente che A non ha divisori dello zero se, e solo se, in A vale la legge di annullamento del prodotto, cioè se da ab = 0 segue che a = 0 o b = 0.



Definizione: un anello commutativo senza divisori dello zero viene detto dominio di integrità.



Definizione: diciamo che a divide b e lo indichiamo con a/b se esiste tale che b = ac.



Definizione: chiamiamo elemento invertibile un elemento e a/1 (divisibile per 1) per cui esiste c tale che 1 = ac.



Definizione: diciamo che a, b sono associati se a/b e b/a, ossia b = ac, con c invertibile.



Definizione: a ¹ 0 non invertibile, è detto irriducibile se gli unici suoi divisori sono elementi invertibili e associati, altrimenti si dice riducibile.



Definizione: A è un dominio a fattorizzazione essenzialmente unica (UFD) se:



  1. per ogni a non invertibile (a ¹ 0) esiste una fattorizzazione in un numero finito di irriducibili;

  2. se sono fattorizzazioni di uno stesso elemento ( irriducibili), allora k = h e i fattori si possono riordinare in modo che gli
siano associati.



Teoremi:

  • Se a è un dominio, allora A[] è un dominio;

  • Se A è UFD, allora A[] è UFD;

  • K campo, allora K è UFD, allora K[] è UFD

  • A è UFD, allora ogni elemento irriducibile è primo cioè se a/(bc), allora a/b o a/c.



Lemma: sia A un UFD (es: campo o anello a coefficienti in un campo) e siano F e G Î A(x) due polinomi di gradi m, n rispettivamente.

Sia

F =

e

G = .

e G possiedono un fattore costante non comune, se e solo se due polinomi u e v Î A(x) non nulli con deg u < m (grado di u minore di m) e deg v < n tali che



F v = G u.



Dimostrazione: sia h un fattore non costante comune a F e G.

Allora si può scrivere

F = hu con deg u < deg F = m

e

G = hv con deg v < deg G = n.



Scambiamo e moltiplichiamo tra loro entrambi i membri delle due uguaglianze; si ottiene

Fhv = Ghu.

Semplificando h in entrambi i membri troviamo

F v = G u.

Viceversa, F sia tale che deg F = m, , e inoltre

F v = G u



con deg u < deg F e deg v < deg G.

Poiché F divide Gu, ma non divide u essendo deg u < deg F, allora F, o un suo fattore irriducibile, divide G, quindi F e G hanno un fattore non costante comune.

c.v.d.



Teorema 1: siano F e G come nel lemma precedente. Allora F e G hanno un fattore non costante comune se e solo se



[La matrice è costituita da [(m + 1) + (n - 1)] colonne e da [m + n] righe]

  è detto risultante dei due polinomi F e G.

Dimostrazione: per il lemma precedente F e G hanno un fattore non costante comune se e solo se esistono u e v non nulli
tali che Fv = Gu.

Siano



e

.

Effettuando i prodotti tra F e v e quelli tra G ed u, uguagliando i coefficienti dei monomi simili troviamo il seguente sistema



In tale sistema le incognite sono i e i ; esso è costituito da m + n equazioni in m + n incognite

Tale sistema ha soluzione non banale se e solo se il determinante della matrice dei coefficienti risulta essere uguale a zero, ma tale determinante coincide con a meno del segno. Inoltre almeno un e un di ogni soluzione non banale deve essere diverso da zero altrimenti Fv = Gu = 0.

c.v.d.



Esempio 1:

    

= 0 equivale a dire che i due polinomi sono tra loro proporzionali.



Esempio 2:





F e G hanno un fattore non costante comune se e solo se nel campo dei coefficienti (nel campo dei quozienti di A) la radice di G = è radice anche per F, ossia F; infatti

F.



Corollario: siano F e G due polinomi a coefficienti complessi, essi hanno una radice comune se e solo se = 0.



Definizione: dato un polinomio F = chiamiamo polinomio derivato e lo indichiamo con
il polinomio = .



Valgono, inoltre, le seguenti



Proprietà:









Proposizione: F possiede un fattore multiplo non costante se e solo se F ed hanno un fattore non costante comune.



Dimostrazione: se allora

.

Quindi, F ed hanno un fattore non costante comune.

Viceversa, supponiamo che , derivando F troviamo

.

Uguagliando i due secondi membri di si ha

.

Dalla seconda uguaglianza scritta si ottiene che G deve dividere , ma non può dividere perché deg < deg G, quindi G divide H e dunque

.

c.v.d.



Conseguenza: ha radice almeno doppia se e solo se = 0.



Definizione: è detto discriminante di F e lo si indica con " F.



Esempio:



.

= 0 se e solo se 4ac – b² = 0, e cioè se e solo se è nullo il vecchio discriminante.

Applichiamo, dunque, il teorema precedente sull’esistenza o meno di un fattore non costante comune a due polinomi, al caso della funzione generatrice della distribuzione Binomiale Negativa, per poter vedere se, una volta troncata, i suoi zeri siano tutti distinti, e quindi rappresentino le particelle finali prodotte, oppure no.

Affinché si possa affermare che gli zeri della funzione generatrice troncata sono tutti distinti, è sufficiente dimostrare che essa non possiede radici doppie, cioè che annullano anche la derivata prima della funzione, in quanto se è una soluzione multipla di ordine q dell’equazione



allora essa annulla anche tutte le derivate di fino all’ordine , e viceversa.

Estrapoliamo la formula generale per il determinante andandolo a calcolare nel caso dei polinomi di grado più basso, ricordando innanzitutto l’espressione della distribuzione di molteplicità in termini dei parametri definiti positivi a e b:



.

Cominciamo col considerare il polinomio di grado 2 risultante dalla troncatura della funzione generatrice della distribuzione Binomiale Negativa:

  1. ,





  2. Passando ad esaminare il caso del polinomio di grado 3 si ha:

  3. ,






  4. Infine mostriamo, come ulteriore esempio, il polinomio di grado 4, per il quale si ottiene:

  5. ,







In generale, quindi, il determinante costruito per mezzo della funzione generatrice troncata ad un cut-off N e della sua derivata prima, vale





e pertanto risulta sempre diverso da zero: possiamo perciò concludere che il polinomio risultante dalla troncatura della funzione generatrice della distribuzione Binomiale Negativa possiede zeri tutti distinti. Dunque se nel calcolo numerico si trovasse un numero di zeri inferiore ad N, ciò sarebbe da imputare ai limiti del programma di calcolo numerico e non ad una proprietà della funzione generatrice troncata. La dimostrazione, ovviamente, risulta valida anche per tutte le distribuzioni che si possono ottenere dalla NB, come si può facilmente verificare effettuando i limiti sui parametri a e b della relazione di ricorrenza.

A titolo di esempio, mostriamo i grafici nel piano complesso degli zeri relativi alla distribuzione Binomiale Negativa e ai due casi estremi ad essa legati, la distribuzione Geometrica e la distribuzione di Poisson , ad una energia nel centro di massa pari a GeV e ad una risoluzione di (con risoluzione si intende il valore dalla distribuzione di molteplicità in corrispondenza del cut-off, cioè ).





Distribuzione Binomiale Negativa

, ,









Distribuzione Geometrica

, ,







Distribuzione di Poisson

, ,







5. GLI ZERI DELLE FUNZIONI GENERATRICI NELLA
FENOMENOLOGIA DELLE INTERAZIONI FORTI
5.1 Introduzione
Lo studio, nella regione di energie del TeV, delle distribuzioni di molteplicità delle particelle finali e delle strutture di correlazione ad esse collegate in collisioni adrone-adrone, è un problema che costituisce la sfida attuale per la dinamica della produzione multipla. In questo dominio di energie, infatti, la produzione di eventi con un gran numero di particelle finali è il fenomeno più spettacolare non ancora totalmente compreso: il fatto nuovo è costituito dal verificarsi di isole di alta densità partonica in regioni dove le equazioni di evoluzione della QCD non possono essere applicate, ed inoltre le correlazioni a lungo range tra le particelle prodotte sono attese essere abbastanza grandi.

Il meccanismo di adronizzazione, e più specificatamente come calcolare dai principi primi della QCD le distribuzioni di molteplicità e le strutture di correlazione degli stati finali, e cioè le vere osservabili, sono problemi tuttora senza soluzione.

In questa regione, dove la QCD standard fallisce nel tentativo di fornire predizioni su sistemi complessi come scattering adrone-adrone, ci si può solamente affidare a modelli basati su osservazioni empiriche del comportamento delle distribuzioni di molteplicità, e dei relativi momenti e cumulanti fattoriali normalizzati nell’intero spazio delle fasi.

Recentemente, sono state studiate le distribuzioni di molteplicità di particelle cariche e le corrispondenti strutture di correlazione in collisioni adrone-adrone nella regione del TeV nell’intero spazio delle fasi usando le variabili collettive sopra menzionate. La proposta avanzata è stata quella di descrivere le distribuzioni di molteplicità, nel nuovo dominio di energie, in termini di sovrapposizioni pesate di distribuzioni di molteplicità della classe di eventi soft, cioè eventi senza minijets, e di eventi semihard (eventi con minijets), assumendo che ciascuna delle componenti sia una distribuzione di molteplicità di tipo Binomiale Negativa. Come anticipato nel capitolo 3, i minijets sono gruppi di particelle aventi energia totale trasversa di 2 ¸ 5 GeV. Grazie a queste due semplificazioni, l’intero problema si riduce a determinare la dipendenza dall’energia dei parametri della NB, ovvero della molteplicità media e del parametro , legato alla dispersione dalla relazione





che può essere presa, qualora la distribuzione non sia una Binomiale Negativa, come definizione del parametro in termini della dispersione e della molteplicità media, per entrambe le componenti soft e semihard. In questo contesto sono stati ipotizzati, nell’intero spazio delle fasi, tre possibili scenari per quanto riguarda collisioni adrone-adrone nella regione del TeV in un modello a due componenti: 1) nel primo scenario si assume che il Koba-Nielsen-Olesen scaling (una MD si dice che soddisfa il KNO scaling quando è possibile scrivere la distribuzione di molteplicità come

,

con funzione universale valida a tutte le energie nel centro di massa) sia raggiunto indipendentemente nelle componenti soft e semihard; 2) nel secondo viene proposto che la componente semihard violi fortemente il KNO scaling; 3) il terzo, infine, è ispirato alla QCD, ed è uno scenario le cui predizioni risultano essere intermedie alle due precedenti.

Nel presente capitolo verrà studiato quest’ultimo caso, investigando nel piano complesso le proprietà, a diverse energie, delle configurazioni assunte dagli zeri della funzione generatrice data dalla combinazione lineare di due NB troncate.



5.2 Comportamento di e nella regione del TeV
Come anticipato nell’introduzione, è stato proposto di descrivere la struttura a spalla per mezzo della sovrapposizione pesata di due distribuzioni NB, una relativa alla produzione di eventi soft ed una ad eventi semihard, con il peso dato dalla frazione di eventi soft.

La formula chiave per descrivere le distribuzioni di molteplicità risulta, quindi, essere la seguente:



Occorre notare che non vengono considerati termini di interferenza, in quanto la classificazione degli eventi in soft e semihard si basa sugli stati finali adronici, e non sui corrispondenti stati partonici. Per quanto riguarda , si assume che i valori che risultano dai fit delle distribuzioni di molteplicità nella regione di energie del GeV possano essere estrapolati a domini di energia più elevata, per cui



con in GeV.

Similmente, assumendo che l’analisi di UA1 sui minijets sia approssimativamente valida anche ad energie superiori, si ha per :



.

Infine, della distribuzione di molteplicità risultante è descritta dal fit quadratico seguente:

.

In questo approccio, cioè

,

la dipendenza dall’energia di può essere facilmente determinata:

.

Per quanto riguarda il comportamento del parametro di aggregazione, è stato trovato dalla collaborazione UA5 che si mantiene costante nella regione del GeV; dato che cresce con l’energia, segue che assumere costante anche nel nuovo dominio di energia implica

,

da cui



che equivale a dire che il KNO scaling è valido, per la componente soft, anche nella regione del TeV.

Il comportamento di offre, come anticipato nell’introduzione, almeno tre possibili scenari: nel prossimo paragrafo verrà descritto il terzo, le cui predizioni risultano essere intermedie a quelle dei primi due.



5.3 Il terzo scenario
Questo scenario è ispirato alla QCD, le cui predizioni, all’ordine dominante, forniscono per il parametro k della distribuzione di molteplicità la seguente espressione:

,

con



dove e sono, rispettivamente, la virtualità iniziale ed il cut-off della cascata partonica.

Dato che le costanti possono essere determinate tramite il metodo dei minimi quadrati sui valori trovati alle energie nel centro di massa pari a 200, 500 e 900 GeV, assumendo che la formula precedente controlli il comportamento della , si ottiene:



,

e quindi cresce con l’energia fino a tendere, asintoticamente, ad un valore costante.

Di conseguenza, nota a questo punto la dipendenza dall’energia sia di che di , la formula che li pone l’uno in funzione dell’altro è data da:



.

I parametri e k per le tre distribuzioni in esame, soft, semihard e totale, sono legate tra loro dalla relazione seguente:

.

Lo studio degli andamenti dei parametri al variare dell’energia, può essere affrontato, per ciascuna delle tre classi di eventi, tramite le configurazioni assunte nel piano complesso dagli zeri delle rispettive funzioni generatrici di probabilità grazie alle formule, già ricavate in precedenza,

,

e

.

A tal fine, come criterio per la determinazione del cut-off, si è scelto di troncare i loro sviluppi in serie in corrispondenza di una risoluzione pari a , in quanto a risoluzioni maggiori, come ad esempio , per valori elevati del parametro si ha, a causa dei limiti di calcolo di Mathematica 4.1, un numero di zeri inferiore a quello atteso ed una conseguente perdita di informazione; ad esempio per la componente semihard ad un’energia nel centro di massa pari a GeV:



si nota nel grafico seguente la presenza di soli 125 zeri.

Come illustrato nel capitolo precedente, tale perdita di zeri è dovuta al programma di calcolo numerico usato, e non ad un effetto dinamico.

GeV, N = 128,



Risoluzioni inferiori, invece, non sono state considerate dato il valore troppo basso delle troncature risultanti e la non soddisfacente statistica che da esse era possibile trarre.

I valori di ricavati per mezzo della formula precedente sono comparati, nei grafici seguenti, coi valori dei parametri che caratterizzano la serie completa (linea rossa), ad energie nel centro di massa, per ciascuno degli eventi, pari a e 14000 GeV:









Si nota, dunque, che le troncature in corrispondenza di una risoluzione di sono sufficienti ad approssimare i parametri del polinomio risultante con quelli della funzione generatrice originaria. I due tipi di eventi mostrano, chiaramente, comportamenti del tutto differenti per quanto riguarda la dipendenza dall’energia dei propri parametri: come anticipato, la componente soft si suppone caratterizzata dal KNO scaling anche nella regione del TeV, e quindi il parametro di aggregazione resta costante anche in questo dominio di energie, mentre la componente semihard è una funzione monotona crescente dell’energia nel centro di massa. Tali andamenti trovano conferma, nel piano complesso, nelle diverse configurazioni assunte dagli zeri delle rispettive funzioni generatrici troncate, i quali all’aumentare dell’energia, e quindi della troncatura del polinomio, si ridispongono in modo tale da fornire i grafici precedenti. Come esempio, mostriamo le mappe degli zeri per i due eventi soft e semihard in corrispondenza di un’energia pari a GeV:

,





,



Tali grafici, come si può facilmente notare, presentano caratteristiche differenti, le quali riflettono, nel piano complesso, il diverso comportamento al variare dell’energia dei parametri che caratterizzano la distribuzione NB.

Infatti, sebbene la regione contenente gli zeri aventi parte reale negativa assuma una forma molto simile nei due eventi (il numero di punti in cui la funzione generatrice si annulla ovviamente differisce, essendo legato alla troncatura della serie completa), quella relativa al semiasse reale positivo mostra come la mappa concernente l’evento soft si avvicini molto ad un cerchio di raggio approssimativamente unitario, mentre nel caso dell’evento semihard se ne discosti, tanto più al diminuire della parte immaginaria.

Inoltre, a differenza del caso soft, nel semihard vi è la presenza di uno zero "interno" che compare al di sotto di una certa energia, in qualche modo legata al rapporto reciproco esistente tra le grandezze che caratterizzano i polinomi in esame: molteplicità media , parametro di aggregazione 1/k e troncatura N. All’aumentare di , tale zero si muove nel piano complesso sino a confondersi con gli altri zeri costituenti la mappa.

Infine, è da notare come in entrambi gli eventi la disposizione degli zeri della funzione generatrice presenti una sorta di "bocca" in prossimità dell’asse reale positivo, dovuta al fatto che nessuno zero può situarsi su di esso, dato che i coefficienti del polinomio, e cioè le distribuzioni di molteplicità, sono tutti positivi: tale settore, bisecato dall’asse reale, diminuisce all’aumentare dell’energia nel centro di massa, come conseguenza della troncatura, e quindi del numero di zeri, e del teorema di Eneström-Kakeya, secondo il quale la regione anulare contenente tutti gli zeri di tende asintoticamente al cerchio di raggio unitario; a parità di molteplicità media e risoluzione, invece, l’apertura della "bocca" risulta maggiore quanto più piccolo è il valore del parametro di aggregazione corrispondente, come si può vedere dai grafici di esempio alla fine del capitolo 4.

Come menzionato in precedenza, lo scenario in esame (così come gli altri due proposti) consiste nel descrivere le distribuzioni di molteplicità di particelle finali per mezzo di una sovrapposizione, pesata opportunamente, di due NB, una relativa agli eventi soft e l’altra a quelli semihard: anche in questo caso, la distribuzione totale risultante presenta degli andamenti dei propri parametri che riflettono la configurazione assunta dagli zeri della funzione generatrice nel piano complesso, confermando ulteriormente che lo studio della collocazione dei punti in cui è verificata la relazione = 0 costituisce un approccio alternativo, ma altrettanto valido, a quello analitico relativo al comportamento dei parametri e k in funzione dell’energia.

Mostriamo, nel caso della distribuzione totale, l’andamento di in funzione dell’energia nel centro di massa (espressa in GeV):





Il grafico si riferisce ad energie pari a = 546, 900, 1800, 2328, 3000, 5000, 10000 e 14000 GeV: l’energia di 2.328 TeV è stata scelta perché corrisponde al massimo di .

Prima di procedere oltre, occorre tenere presente il significato di : a differenza delle sue due componenti, infatti, la distribuzione di molteplicità totale non appartiene alla classe delle distribuzioni discrete infinitamente divisibili (IDD), in quanto è sempre possibile trovare degli intervalli di valori dei parametri che la definiscono, , , e , tali da non soddisfare la disuguaglianza



, .

Come ricordiamo, essa consiste in una condizione necessaria, ma non sufficiente, affinché una MD appartenga alla classe delle distribuzioni di Poisson Composte (la quale, come dimostrato precedentemente, coincide con quella delle IDD). Di conseguenza, i cumulanti fattoriali normalizzati non possano essere espressi, ad ogni ordine, per mezzo di potenze di , il quale, quindi, rappresenta esclusivamente l’integrale della funzione di correlazione a due particelle.

Tornando al grafico, in esso si possono notare due zone: nella prima, mostra un andamento monotono crescente, dal momento che alle basse energie vi è solamente la componente soft a spiegare la molteplicità di particelle finali; nella seconda zona, all’aumentare di una frazione sempre più rilevante della MD relativa ad eventi semihard concorre a descrivere la distribuzione totale, inducendo così la decrescita di . In altre parole, le particelle finali devono essere considerate correlate, a due a due, sia per mezzo di eventi soft che di eventi semihard (questi ultimi in percentuale crescente con l’energia nel centro di massa), con conseguente aumento di . L’inversione di tendenza si verifica ad un’energia di 2.328 TeV: la componente semihard comincia a dominare sulla soft, i cui eventi diminuiscono all’aumentare dell’energia così come che, presentando un flesso in corrispondenza di 5.418 TeV, tende asintoticamente ad .







Per completezza, mostriamo anche il grafico della molteplicità media di particelle finali, , in funzione dell’energia nel centro di massa.





Tutte le considerazioni fatte finora, trovano perfettamente riscontro nello studio delle mappe degli zeri delle funzioni generatrici relative alle tre classi di eventi in oggetto: soft, semihard e totale. A tal proposito, mostriamo i grafici relativi alle sovrapposizioni delle configurazioni assunte dagli zeri di cui sopra, le quali, come accennato, permettono di osservare anche nel piano complesso l’evoluzione, al crescere dell’energia nel centro di massa, della distribuzione di molteplicità di particelle finali in rapporto alle due componenti che la descrivono.

Iniziamo col presentare le mappe relative a = 546, 900, 1800, 5000 e 14000 GeV, mentre, in un secondo momento, la configurazione degli zeri verrà analizzata in corrispondenza di = 1.3 e 2.328 TeV, energie caratteristiche dell’andamento di e del meccanismo che porta quest’ultimo a tendere a .



Tabella con gli zeri per ciascuna classe di eventi ad ogni energia considerata



Troncatura
(GeV)

Soft
Semihard
Totale
546
84
116
116
900
91
136
136
1300
96
150
150
1800
100
162
162
2328
104
172
172
5000
115
200
200
14000
129
237
237
= 546 GeV









= 900 GeV










= 1.8 TeV













= 5 TeV











= 14 TeV













Osserviamo come gli zeri si distribuiscano ponendo immediatamente in evidenza le differenze esistenti tra i comportamenti delle tre MD in oggetto: in primo luogo, si può notare come la mappa della distribuzione totale presenti, ad ogni energia e a differenza delle sue componenti, una doppia serie di zeri nella regione del piano complesso relativa al semipiano reale negativo, di cui la più interna coincidente con quelli della configurazione assunta dal corrispondente evento soft.

Inoltre, la distribuzione totale si discosta dal comportamento delle due NB anche nel semipiano reale positivo, dove, infatti, essa presenta una sorta di "bocca" rivolta verso l’interno, che risulta più marcata alle basse energie e che al crescere di quest’ultime evolve, per mezzo di un meccanismo che vedremo fra poco, sino ad assumere, da una certa energia in poi (intorno ai 6 TeV), una forma praticamente coincidente con quella dei rispettivi eventi semihard.

Questi due diversi comportamenti, rispetto al soft ed al semihard, da parte della funzione generatrice dell’evento totale, inducono a pensare che essi siano dei segnali, nel piano complesso, a conferma del fatto che la combinazione lineare di due (o più) NB non costituisca una distribuzione di molteplicità appartenente alla classe delle Distribuzioni di Poisson Composte.

In accordo con quanto visto precedentemente per via analitica, e precisamente la diversa dipendenza dall’energia da parte dei propri parametri, le mappe relative ad eventi soft e semihard presentano degli andamenti differenti: infatti, osservando le sovrapposizioni precedenti e ponendo l’attenzione sul semipiano reale positivo, in quanto più ricco di informazioni e quindi interessante dal punto di vista fisico, per quanto riguarda i primi, gli zeri intersecano ad ogni energia quelli della distribuzione totale, scostandosi da essi in maniera sempre più marcata al crescere della parte reale, mentre quelli delle configurazioni semihard vi risultano inscritti, manifestando una sorta di espansione, all’aumentare di , che li fa tendere, e asintoticamente confondere, con gli zeri della mappa dell’evento totale.

Tutte queste considerazioni, dunque, confermano ciò che ci si aspettava, e cioè che alle alte energie gli eventi semihard dominano su quelli soft.

Quest’ultima affermazione può apparire in contrasto con quanto, a prima vista, risulta dalle precedenti sovrapposizioni, infatti considerando, ad esempio, le mappe a 14 TeV, le differenze tra i due tipi di eventi non sembrano così sostanziali da giustificarla; tuttavia la spiegazione è semplice e consiste, come si ricorderà, nel fatto che la regione più sensibile alle variazioni del parametro k è quella nelle immediate vicinanze del punto = 1, e quindi proprio la porzione di piano in cui le configurazioni assunte dagli zeri delle funzioni generatrici, relative alle distribuzioni soft e semihard, si differenziano maggiormente.

Occorre, perciò, porre l’attenzione sul movimento di tali zeri nel piano complesso al variare dell’energia, dato che le piccole variazioni nelle loro configurazioni stanno alla base del comportamento del parametro k.

Al fine di mostrare come le mappe portino con sé l’informazione sugli andamenti dei parametri che caratterizzano le distribuzioni di molteplicità, poniamo l’attenzione, all’aumentare dell’energia, sugli zeri che costituiscono la "bocca" nei tre eventi in esame, in particolar modo su quelli relativi alla distribuzione totale. In questo caso, infatti, i due zeri aventi la parte immaginaria minore si muovono nel piano complesso dando luogo ad uno scambio di posizioni, con lo zero in un primo momento più vicino all’asse reale che, a causa della progressiva chiusura della bocca, riduce la propria distanza da esso, ma che in seguito, in corrispondenza di 1.3 TeV, assume lo stesso valore della parte immaginaria del secondo zero in oggetto. Da questa energia in poi, per quanto riguarda la vicinanza all’asse reale, avviene l’inversione di ruolo tra i due zeri, ed a = 2.328 TeV, grazie alla presenza di entrambi in prossimità del punto = 1, si ha la configurazione corrispondente al massimo di : le mappe, come si può notare, riproducono perfettamente la prima delle due zone in cui era stato suddiviso il grafico di in funzione di .



= 1.3 TeV













= 2.328 TeV











Il meccanismo ora descritto, può essere messo in evidenza ponendo in un grafico le parti immaginarie dei due zeri in esame in funzione della molteplicità media:




zero inizialmente più vicino all’asse reale


zero col quale avviene lo scambio

Si osservi come ad = 38.375, che corrisponde a = 1.3 TeV, i due grafici si intersechino: da tale energia in poi lo scambio è completo.

Ad energie superiori a 2.328 TeV, la "bocca" della mappa che descrive l’evento totale comincia ad assumere una forma che ricorda sempre più quella dell’evento semihard, con lo zero più vicino all’asse reale a questo punto rivolto verso l’esterno, in accordo con la diminuzione, da tale energia in poi, di (seconda zona del grafico): a 14 TeV, la sovrapposizione di questa regione del piano complesso è praticamente perfetta. Considerando inoltre lo zero interno dell’evento semihard, ci si accorge come quest’ultimo trascini nel suo movimento quello inizialmente più vicino all’asse reale nell’evento totale, a testimoniare come anche alle basse energie la componente semihard, pur non dominando ancora, concorra a realizzare quel meccanismo che porterà la distribuzione totale a tendere asintoticamente ad essa.

Per quanto riguarda la distribuzione soft, in questo caso gli zeri, al variare dell’energia, si ridispongono in modo tale da mantenere costante il valore del parametro di aggregazione, = 7, col risultato che, nel range di energia considerato, 546 ¸ 14000 GeV, le variazioni delle configurazioni risultano minime, come d’altronde ci si poteva aspettare:





E’ interessante notare che la "bocca" rivolta verso l’interno, caratteristica della classe di eventi totali, risulta sensibile alle variazioni della coda della distribuzione di molteplicità. Ciò a conferma del fatto che la regione del piano complesso nell’intorno del punto è quella in cui gli zeri hanno il peso maggiore nel calcolo dei cumulanti fattoriali.

Mostriamo a tal proposito due grafici: nel primo, al variare dell’energia nel centro di massa, si considera il rapporto tra la troncatura alla quale la "bocca" scompare e la relativa troncatura N, corrispondente alla risoluzione standard di . A tale troncatura la "bocca" è come si è visto rivolta verso l’interno.







Come si può notare, il rapporto aumenta al crescere dell’energia, in accordo col fatto che la classe di eventi totali tende, asintoticamente, ad una delle sue componenti, che essendo una NB possiede la "bocca" rivolta verso l’esterno. Ad energie nel centro di massa superiori a 2.328 TeV, la componente semihard domina sulla soft, e di conseguenza le due troncature tendono a coincidere.

Nel secondo grafico si illustra la dipendenza di da ; la troncatura, in questo caso, è ovviamente monotona crescente (deve tendere ad N, che cresce all’aumentare dell’energia).







Un’ulteriore distinzione, nel piano complesso, tra le classi di eventi soft e semihard, consiste nel differente ritmo di avvicinamento sia all’asse reale che all’immaginario da parte della configurazione degli zeri delle relative funzioni generatrici di molteplicità.

Come si può vedere nei grafici seguenti, infatti, nel caso degli eventi soft parte reale ed immaginaria dello zero più vicino all’asse reale presentano pressochè lo stesso andamento all’aumentare della molteplicità media (e quindi dell’energia); negli eventi semihard, invece, ciò non è più vero, in quanto in questo caso la parte immaginaria diminuisce con un ritmo maggiore rispetto alla reale. Inoltre, sia la parte immaginaria che reale decrescono nel caso della classe di eventi soft più lentamente che negli eventi semihard; tali differenze, probabilmente, sono legate al fatto che nel primo tipo di eventi il parametro resta costante in tutto l’intervallo di energie considerato (), mentre nel secondo tipo il parametro decresce monotonicamente.







parte immaginaria dello zero più vicino all’asse reale nel caso di eventi soft

parte immaginaria dello zero più vicino all’asse reale nel caso di eventi semihard







parte reale dello zero più vicino all’asse reale nel caso di eventi soft

parte reale dello zero più vicino all’asse reale nel caso di eventi semihard

Sfruttando il fatto che i punti del piano complesso in cui si annulla coincidono con gli zeri del suo modulo, mostriamo una rappresentazione tridimensionale di vicino a :

= 546 GeV

Soft



Semihard



Totale



= 1.8 TeV

Soft



Semihard



Totale



= 14 TeV

Soft



Semihard



Totale



Anche a livello tridimensionale, dunque, possiamo constatare quanto esposto finora, e cioè la progressiva chiusura della "bocca" all’aumentare dell’energia, seppur in maniera lieve nel caso dell’evento soft, e la contemporanea tendenza dell’evento totale a coincidere, alle alte energie, con il grafico relativo alla componente semihard.

A questo punto, è necessario ricordare le motivazioni che hanno ispirato lo studio degli zeri delle funzioni generatrici di distribuzioni di molteplicità nel piano complesso: l’analogia esistente tra quest’ultima e la funzione di partizione grancanonica della meccanica statistica, ed il teorema di Lee e Yang, che pone in relazione la collocazione degli zeri con le eventuali transizioni di fase che il sistema in esame può subire.

A tal proposito, però, occorre tener presente che il teorema è valido nel limite termodinamico, , e pertanto l’attenzione, dal punto di vista fisico, va rivolta allo studio delle funzioni generatrici complete e non dei polinomi che derivano dai loro sviluppi in serie troncati, i quali, come visto, non possono annullarsi sull’asse reale positivo, dove invece gli zeri rappresentano il valore della fugacità in corrispondenza della quale avviene il passaggio tra le fasi del sistema; ebbene, mentre una singola funzione generatrice di distribuzioni di molteplicità del tipo NB non descriverà mai una transizione di fase (ricordiamo che possiede solamente uno zero all’infinito), in linea di principio una combinazione lineare di due di esse può soddisfare la condizione richiesta.



Consideriamo, infatti, la seguente funzione generatrice del tipo studiato:



con definito positivo; in questo caso la funzione può annullarsi sull’asse reale, ma essendo anche i numeratori delle due NB definiti positivi, lo zero dovrà situarsi in maniera tale da rendere uno dei denominatori positivo e l’altro negativo, e quindi compreso tra le singolarità delle due componenti,

e

Dall’analisi segue che tra questi punti la funzione possiede un flesso (deve annullarsi e tendere a rispettivamente a destra e a sinistra dello zero), e questa condizione si verifica solamente ad energie alle quali è dispari (ciò è dovuto, come si può facilmente dimostrare, al fatto che lo è).

L’aspetto importante, però, risiede proprio nel fatto che lo zero posseduto dalla funzione generatrice che descrive l’evento totale si trovi oltre il raggio di convergenza di una delle sue componenti; come noto, infatti, la somma di due serie di potenze si può effettuare termine a termine e dà luogo ad una terza serie di potenze secondo lo schema:





dove, se gli intervalli di convergenza delle serie su cui si opera non coincidono, l’operazione si effettua nel più piccolo dei due (non si esclude, tuttavia, che la serie somma abbia raggio di convergenza maggiore di quello delle serie di partenza).

Di conseguenza, nonostante la combinazione lineare di due funzioni generatrici di distribuzioni di molteplicità del tipo NB possieda, a determinate energie, zeri sull’asse reale, questi risultano privi di significato fisico, essendo sempre collocati oltre la regione di convergenza dello sviluppo in serie relativo ad una delle due componenti, della semihard al di sotto di = 824 GeV, della soft oltre tale energia; pertanto, i punti in cui si annulla, non possono essere interpretati come valori di fugacità in corrispondenza dei quali il sistema presenta una transizione di fase.

Nelle figure seguenti vengono mostrati alcuni esempi:



= 1.523 TeV, , in





= 3.333 TeV, , in





= 17.519 TeV, , in





Per concludere, la funzione generatrice che descrive la molteplicità di particelle finali, per mezzo della sovrapposizione pesata di due distribuzioni NB, consente di spiegare le deviazioni sperimentali dalla singola componente soft che si presentano in urti all’energia di = 900 GeV (struttura a spalla), ma non è in grado di fornire predizioni circa eventuali transizioni di fase che si possono verificare, sempre nel caso di collisioni adroniche, nella regione di energie del TeV; una possibile proposta, al fine di mantenere in parte la sua struttura dato il successo nella regione del GeV, potrebbe essere quella di rappresentare la funzione generatrice totale nel seguente modo:

,

con da determinare, ma in maniera tale che possieda almeno uno zero sull’asse reale positivo all’interno del raggio di convergenza più piccolo tra quelli delle sue tre componenti, e che cresce con l’energia nel centro di massa, cosicchè il terzo termine costituirebbe una correzione alle basse energie, dove i primi due hanno dimostrato la loro validità, ma diventerebbe dominante in prossimità della transizione di fase.

5.4 Osservazioni finali
Lo studio nel piano complesso degli zeri delle funzioni generatrici di distribuzioni di molteplicità è importante nell’ambito della dinamica della produzione multipla. Innanzitutto, permette di catalogare le funzioni generatrici in base alle mappe delle configurazioni assunte dai propri zeri. Esse rappresentano pertanto un loro carattere distintivo ed unico, grazie alla proprietà dei polinomi di essere completamente definiti dai punti in cui essi si annullano.

Un ulteriore aspetto da considerare è dovuto alla notevole facilità di calcolo delle variabili collettive agli ordini superiori al secondo usando gli zeri dei polinomi.

Il risultato fondamentale di tale studio consiste nell’aver messo in evidenza come la dipendenza dall’energia nel centro di massa da parte dei parametri che caratterizzano la funzione generatrice si rifletta nel piano complesso nelle diverse configurazioni assunte dagli zeri di . La disposizione di questi ultimi contiene preziose informazioni circa la dinamica della produzione multipla; in particolare, oltre a distinguere funzioni generatrici che descrivono eventi di diversa topologia, essa può costituire l’indizio di una transizione di fase, come dimostrato nel teorema di T.D. Lee e C.N. Yang.

Questo argomento necessita di ulteriori approfondimenti, in quanto se il processo fisico fosse proprio una transizione di fase, allora non sarebbe più sufficiente una sovrapposizione pesata di due funzioni generatrici di molteplicità del tipo NB per descrivere l’evoluzione del sistema al variare dell’energia; in questo caso, infatti, occorrerebbe aggiungere una terza funzione generatrice tale da consentire alla funzione generatrice totale di soddisfare le condizioni del teorema. Essa, in particolare, dovrebbe possedere almeno uno zero sul semiasse reale positivo all’interno del raggio di convergenza più piccolo tra quelli delle sue tre componenti.



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